Pena di morte. I sì e i no sulla stampa statunitense.
 
                           
A cura di Irene Campanella




“A pochi giorni dalle orribili immagini televisive di un’esecuzione di stato – come riporta Internazionale, (http://internazionale.it) citando il The Philadelphia Daily News – la commissione di studio nominata dallo stato del New Jersey si è pronunciata con chiarezza, forza ed eloquenza contro la pena di morte”.
The Philadelphia Daily News (http://www.philly.com/mld/inquirer/) si unisce, quindi, a un gruppo di quotidiani statunitensi che commenta questa notizia partendo da una posizione contro la pena capitale. Le raccomandazioni, quasi unanimi, della commissione è quella di sostituirla con l’ergastolo senza libertà condizionale. Il New Jersey, prosegue il Trenton Times (http://www.nj.com/times/), potrebbe fare la storia degli Stati Uniti perché sarebbe il primo stato ad abolire questo sistema, dopo la sua reintroduzione più di trent’anni fa attraverso una sentenza della Corte Suprema.

Usa Today (http://www.usatoday.com/), chiarisce che, mentre gli Stati del New Jersey e Maryland stanno vagliando la possibilità di incrementare una lista di stati che vogliono abolire la pena capitale, diversamente i legislatori dello Utha stanno considerando la possibilità di espandere l’utilizzo della pena capitale ad altri crimini che non si concludono con un omicidio. Un ufficiale di polizia del West Valley City, ritiene che << Esiste un movimento che vuole abolire la pena capitale; penso che bisogna tenere questo sviluppo poiché potrebbe rivelarsi dannoso. Eliminando la pena capitale potremmo commettere il più grande errore per la nostra sicurezza pubblica>>.
Secondo The New York Times, (http://www.nytimes.com), i legislatori del New Jersey, dovrebbero seguire le raccomandazioni della commissione: << E’ la cosa giusta da fare e non solo perché la pena capitale è un deterrente inutile e barbaro. Come dimostra l’uso recente della prova del DNA, si rischia troppo spesso di commettere errori>>.
Sul Boston (http://www.boston.com/), si legge che partendo dall’opposizione tradizionale delle Nazioni Unite alla pena di morte, l’organizzazione può prendere la sua decisione. Il segretario Generale dell’ONU Ban Ki-Moon, pronunciandosi a proposito dell’esecuzione di Saddam Hussein, dichiara <<Che il leader iracheno ha commesso atroci e indescrivibili crimini contro il popolo iracheno che non possono essere dimenticati>>; ma prosegue sempre il Segretario Generale l’ <<issue della pena capitale non si conforma>> alle leggi del Diritto Internazionale e concludendo, chiarisce che << Le Nazioni Unite non approvano e sono contrari alla pena capitale>>. Anche il

Missouri, come si legge su The Christian Science Monitor, (http://www.csmonitor.com) e su Catholic (http://www.catholic.org/), vuole prolungare una moratoria triennale sulle esecuzioni e creare la commissione per esaminare il sistema della pena capitale. La commissione considera gli eventuali rischi di condannare persone innocenti. Un Vescovo del Missouri si è opposto all’esecuzione affermando che la pena capitale <<Non è una soluzione per i problemi della società>> e aggiunge che i crimini e omicidi commessi da quelli che poi saranno giudicati e condannati a morte, non possono essere puniti con altra morte>>. Unendosi alle affermazioni del Vescovo, un gruppo di medici del Missouri, si sono opposti all’iniezione letale considerandola controversia all’etica del personale medico che deve assistere all’esecuzione.

 The Arizona Republic (http://www.azcentral.com/arizonarepublic/) chiarisce che il numero dei casi di persone condannate negli Stati Uniti si è alzato nel 2006 rispetto agli anni scorsi. Inoltre, prosegue sempre il quotidiano, il numero di pene capitali, secondo le stime della Corte di Cassazione di Maricopa, si è alzato così tanto che si è visto un repentino moltiplicarsi di avvocati qualificati a gestire questi casi. Il Dipartimento delle Correzioni dell’Arizona, lo riferisce http://www.azstarnet.com/, stima che solo 86 persone sono state giustiziate in Arizona dal 1910 e ci solo 110 persone adesso che aspettano l’esecuzione, mentre nel 2006 pressappoco 114 persone sono state giustiziate negli Stati Uniti. The New York Sun (http://www.nysun.com/), riferendosi al Messico, sottolinea la sua attuale attitudine, rispetto al passato, ad estradare i trafficanti di droga negli Stati Uniti dove i colpevoli vengono giudicati e giustiziati, tenendo presente che in Messico non è applicata la procedura della pena capitale, in ogni caso considerata la giusta pena.
Di fronte ad un’opinione pubblica compatta nel suo sostegno, come riporta The New York Times (http://www.nytimes.com), gli oppositori della pena di morte, guidati da Death Penalty Information Centre, hanno intrapreso per trent’anni una battaglia apparentemente perdente. Ma adesso qualcosa sta cambiando. Alla fine degli anni ’90 il governatore repubblicano dell’Illinois, in seguito ad alcuni clamorosi errori giudiziari, ha dichiarato una moratoria delle esecuzioni. Negli ultimi giorni si vede un cambio di tendenza, anche in riferimento al caso della Florida, dove il governatore Jeb Bush ha dovuto sospendere le esecuzioni dopo che un’iniezione letale ha mancato di uccidere il condannato in pochi minuti.
Nei sondaggi,  contenuti in The New York Times (http://nytimes.com), gli oppositori cominciano a superare i sostenitori. <<Siamo in un periodo di riconsiderazione della pena di morte>>, ha spiegato un professore del Massachussetts che ha scritto nel 2001 il libro “When the state kills”, <<e adesso penso che quello che sta succedendo in New Jersey avrà un effetto galvanizzante per tutti>>.