La “minaccia” Iran

La notizia vista dalla stampa staunitense

 

di Maria Azzurra Silvestro

 

Minaccia: un termine usato spesso dal presidente G.W. Bush per motivare di fronte al proprio paese e di fronte alla comunità internazionale le scelte dell’ amministrazione statunitense in politica estera. Tuttavia, riporta il quotidiano locale Chicago Tribune (www.chicagotribune.com) mercoledì 5 dicembre: “Ora, per la seconda volta, le asserzioni pubbliche di Bush riguardo le minacce delle armi di distruzione di massa - i suoi avvertimenti prebellici sugli armamenti in Iraq e quelli sugli sviluppi delle armi nucleari in Iran- sono state minate da successivi rapporti dell’ intelligence”. Il quotidiano si riferisce alle conclusioni del NIE (National Intelligence Estimate) sulla politica di riarmo nucleare iraniana, rese noto lunedì 3 dicembre: il rapporto elaborato dall’ intelligence statunitense afferma con certezza che “Teheran ha interrotto il suo programma sulle armi nucleari quattro anni fa”.

Le reazioni che seguono l’ annuncio del nuovo rapporto sono molteplici: come emerge dalle prime pagine dei principali quotidiani nazionali e locali statunitensi pubblicati il 5 dicembre, provengono dai vertici dell’ amministrazione americana, dai suoi numerosi oppositori e dai principali patners internazionali.

Il commento più atteso, quello di Bush, viene riportato dal The Boston Globe (www.boston.com) :”In piedi, sulla pista dell’ aeroporto al suo arrivo ad Omaha, Bush ha insistito sul fatto che l’ Iran non ha completamente reso conto delle sue attività nucleari mentre continua a disattendere le richieste di interrompere l’ arricchimento dell’ uranio”.

Ancora più incisive sono le parole utilizzate dal presidente nel corso della conferenza stampa alla Casa Bianca durante la quale, come riportano The New York Times (www.nyt.com) e il Chicago Tribune, ha affermato: “Guardate, l’Iran era pericoloso, l’Iran è pericoloso e l’ Iran sarà pericoloso se avrà la conoscenza  necessaria per costruire un’ arma nucleare”. Come scrive The Boston Globe, Bush ha aggiunto:”Gli iraniani hanno una scelta strategica da fare, possono essere chiari con la comunità internazionale sullo scopo delle loro attività nucleari e accettare interamente l’ offerta di vecchia data di sospendere il loro programma di arricchimento e sedersi al tavolo e negoziare, o possono continuare sul sentiero dell’ isolamento che non nel migliore interesse del popolo iraniano”. Inoltre, “La Casa Bianca ha detto mercoledì che gli U.S.A. vogliono andare avanti con la loro campagna per un terzo round di sanzioni dell’ ONU contro l’ Iran”.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario l’ appoggio degli altri membri del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU: come scrive The Washington Times (www.washingtontimes.com), “Bush (…) ha detto che il Segretario di Stato Condoleezza Rice ha ricevuto rassicurazioni da tre dei quattro membri permanenti del CdS dell’ ONU –Gran Bretagna, Francia e Russia - e anche dalla Germania”. L’appoggio a Bush è garantito anche da un altro importante alleato : Israele. Scrive il Los Angeles Times (www.latimes.com) :”Il ministro della difesa israeliano Ehud Barak ha contestato le conclusioni del rapporto, dicendo che Israele crede che l’ Iran sta ancora provando a costruire l’ arma nucleare”.

Tuttavia il sostegno è tutto altro che incondizionato. Come scrive The New York Times, durante una teleconferenza “con le sue controparti dalla Francia, Germania ,Cina, Russia e Gran Bretagna” , il sottosegretario Nicholas Burns ha dovuto rispondere ad un diplomatico europeo che affermava “siamo tutti sbalorditi”. The Washington Times, inoltre, riporta la cauta dichiarazione del ministro degli esteri russo Sergey Lavrov (“Noi valuteremo la situazione sulla nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU tenendo in conto questi nuovi fatti, incluso la conferma degli U.S.A. di non avere informazioni sull’ esistenza di un programma sull’ arma nucleare in Iran”) e il disappunto dell’ ambasciatore cinese all’ ONU che ha detto “le cose sono cambiate”.

Numerose critiche e perplessità sono emerse anche negli Stati Uniti.

In particolare, il Chicago Tribune scrive: “La posizione del presidente sull’ Iran (…) ha sollevato nuove domande sulla credibilità di tali questioni di sicurezza, domande sia dai leader democratici che da analisti indipendenti che sono state evidenziate martedì. Gli interrogativi corrono paralleli ai nuovi dubbi sulle capacità dell’ intelligence delle quali il presidente si fidava” e “I critici di Bush hanno dipinto il rapporto come l’ evidente prova che il presidente abbia esagerato sulla minaccia iraniana”. Los Angeles Times aggiunge: “L’ importanza del capovolgimento e il modo pubblico in cui è stato rivelato sono rari, se non senza precedenti, nella storia dell’ intelligence americana”.

Come scrive ancora il Los Angeles Times, i funzionari dell’ intelligence hanno cercato di spiegare il “notevole capovolgimento” tra il rapporto del 2005 e del 2007, evidenziando due fattori: “l’ emergere di cruciali informazioni durante l’ estate e la determinazione ad evitare di ripetere gli errori che hanno preceduto la guerra in Iraq”.

Tuttavia le critiche dell’ opposizione democratica rimangono piuttosto “accese”. Infatti il San Francisco Chronicle (www.sfgate.com) e The New York Times riportano così il commento del senatore Jay Rockeffeler, presidente della Commissione intelligence al Senato: “ha definito sconcertante e allarmante il fatto che le agenzie di intelligence possono aver prodotto nel 2005 un rapporto imperfetto immediatamente dopo quello che egli definisce il disastro Iraq”