Libano, speranze e tormenti.

Notizia vista da: l’Avvenire, l’Osservatore romano.  

 

di Giulia Indorato

 

Solo la speranza è ciò che rimane ai libanesi dopo tre giorni di scontri e bombardamenti tra l’esercito e i gruppi dei miliziani Fatah al-islam, legati ad Al-Qaeda. La lotta è esplosa domenica 20 maggio, quando le forze di sicurezza libanesi hanno tentato di arrestare, a Tripoli, dei miliziani ritenuti coinvolti in una rapina in banca. Poco dopo, dal vicino campo di Nahr Al-Bared, sono uscite squadre di miliziani del gruppo che hanno cominciato ad assaltare i posti di blocco dell'esercito libanese nella zona. Rapidamente, gli scontri si sono diffusi in vari quartieri della città. Domenica le vittime sono state più di quaranta e una trentina lunedì. Solo martedì è stato proclamato un cessate- il- fuoco da entrambe le parti, che ha permesso l’ingresso nel campo a gruppi e associazioni di soccorso. 

Si legge sul quotidiano l’Avvenire (www.avvenire.it) che al suo ingresso nel campo profughi di Nahr Al-Bared la Croce Rossa ha visto confermate le notizie terribili che erano arrivate. 40 mila persone, ammassate già da tempo in condizioni pessime e misere, erano attorniate da edifici distrutti, decine di cadaveri e feriti. Anche Richard Cook, direttore dell'agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi ha dichiarato senza mezzi termini: “la situazione è disastrosa”.  La più grande paura è che la lotta si espanda. Ciò, purtroppo, appare molto probabile vista la presunta dichiarazione dello "stato d'allerta" tra i miliziani dell'altro gruppo integralista, Jund Al-Sham, insediato nel più grande campo profughi palestinese del Libano, quello di Ain Al-Hilweh che accoglie 70.000 rifugiati. Domenica sera il premier libanese, Fuad Sinora, ha lanciato un appello alla calma e lunedì il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon ha dichiarato: «Le azioni di Fatah Al-Islam sono un attacco alla stabilità e alla sovranità del Libano». Richiesta di immediato disarmo anche dall'Unione europea la cui presidenza ha condannato nei termini più forti possibili gli attacchi alle forze di sicurezza libanesi e sottolinea il proprio sostegno al governo del primo ministro Siniora.

L’Osservatore Romano (www.osservatoreromano.it)  sottolinea come la ripresa lunedì mattina dei combattimenti ha fatto inizialmente sembrare caduta nel vuoto l'offerta di un cessate-il-fuoco. Inoltre, martedì mattina, il portavoce del gruppo Abu Salim , in una telefonata all'emittente televisiva libanese (New Tv) ha smentito la rivendicazione degli attentati a Beirut, trasmessa da alcune agenzie di stampa straniere.  Lo stesso quotidiano, sabato 26 maggio, riporta che sono ripresi dalla sera di giovedì 24, dopo due giorni di interruzione, i combattimenti tra l'esercito libanese e i miliziani del gruppo estremista islamico (ancora asserragliato nel campo profughi di Nahr Al Bared, sua base e centro di addestramento da settembre scorso). Da questo, durante i pochi giorni di apparente quiete, sono scappati un quarto dei rifugiati che ospitava. Intensi scambi di colpi d'arma da fuoco sono stati segnalati per ore.  Visto il crescere del conflitto le Nazioni Unite accelerano il dibattito sull'istituzione di un Tribunale speciale internazionale. Era stato previsto per giudicare, e non solo, i presunti responsabili dell'omicidio dell'ex Primo Ministro libanese Rafik Hariri (assassinato insieme con altre 22 persone) nell’attentato di Beirut del febbraio 2005. L’attuale presidente del Consiglio di sicurezza, Zalmay Khalilzad, ha dichiarato che si arriverà a una risoluzione sull'istituzione del Tribunale e che la sua approvazione potrebbe arrivare già all'inizio della prossima settimana.