Lo sviluppo “insostenibile”. L’allarme clima visto dalla stampa italiana

 

a cura di Salvatore Innacolo

 

 

 

Bruxelles- L’Europa si prepara alla <<nuova rivoluzione industriale>> per allontanare l’incubo del cambiamento climatico e ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di gas e petrolio, ipotizzando anche il ricorso al nucleare. La Commissione Ue ha approvato in data 10 gennaio 2007 il maxi-pacchetto sull’energia che prevede il taglio del 20% delle emissioni di gas serra entro il 2020, con la speranza di limitare l’aumento della temperatura globale a 2 gradi rispetto all’era pre-industriale. Ma prima di diventare operativa la <<low carbon economy>> dovrà essere approvata a marzo dai leader Ue, che su alcuni punti cruciali vanno in ordine sparso secondo quanto riferisce la  La Repubblica (www.repubblica.it) in data 11 gennaio 2007.

Per evitare il cataclisma climatico, la Commissione ha chiesto alle capitali Ue di ridurre <<unilateralmente>> le emissioni del 20%. Una mossa che permetterebbe all’Unione di presentarsi ai negoziati internazionali sull’era post-Kyoto-i cui effetti scadranno nel 2012-con la credibilità necessaria per chiedere ai partner industrializzati un taglio del 30% entro il 2020, livello al quale, in caso di successo negoziale, l’Europa si adeguerebbe. Per poi passare tutti insieme, paesi in via di sviluppo compresi, ad un taglio del 50% entro il 2050  lo riporta Il Messaggero (www.ilmessaggero.it).

Per ridurre l’inquinamento la Commissione ha previsto di lavorare ad un <<energy mix>> che nel 2020 dovrà contenere il 20% di energia rinnovabile e almeno il 10% di biocarburanti lo scrive La Sicilia (www.lasicilia.it) in data 11 gennaio 2007.E proprio in questo campo Bruxelles ha tirato le orecchie a Roma: <<Nonostante un forte sviluppo nell’eolico, biogas e biodiesel, l’Italia è ancora molto lontana dagli obiettivi nazionali ed europei>>.

Il presidente della Commissione, Josè Manuel Barroso, come si legge sul quotidiano Il Mattino(www.ilmattino.caltanet.it), ieri (in data 10 gennaio 2007) ha detto che sul tema la sua istituzione è <<agnostica>> e che la scelta sul nucleare spetta alle singole capitali, anche se – ha aggiunto-chi dovesse decidere di rinunciarvi dovrà fare sforzi enormi sul terreno delle rinnovabili.

L’ultimo tassello della strategia prevede un aumento di competitività del mercato europeo, che per Bruxelles al momento è costellato di <<seri problemi>>. Per farlo Neelie Kroes, capo dell’Antitrust Ue, ha proposto la separazione della produzione dalla gestione delle reti di distribuzione, uno schema che però non piace a Francia e Germania e che a marzo potrebbe saltare. E nella sua analisi di mercato la Kroes ha bacchettato l’Italia, che <<preoccupa>> in quanto Eni ed Enel <<mantengono una posizione dominante ed esercitano un sostanziale potere di mercato>>. Secca la replica delle due aziende: secondo l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, le richieste della Kroes sono <<in linea con il cammino già imboccato dall’Italia negli ultimi anni>>, mentre Eni ha ricordato di essere stata <<tra le prime società in Europa ad avviare misure pro-concorrenziali>>.

Il quotidiano La Stampa (www.lastampa.it) riferisce che per ridurre sensibilmente le emissioni nocive di anidride carbonica che ogni giorno effondiamo in quantità letali dalle ciminiere delle nostre fabbriche, raffinerie o cementifici, ma anche dagli impianti di riscaldamento e dagli scappamenti di auto, autobus, camion, moto o motorini, non basta però sviluppare le fonti rinnovabili come chiede legittimamente l’Unione europea. Ancor prima di produrre energia alternativa, occorre risparmiare quella di cui disponiamo, sporca o pulita che sia. Il che non significa ovviamente spegnere la luce e tornare alla civiltà della candela, bensì sviluppare la ricerca, utilizzare nuove tecnologie, adottare comportamenti collettivi diversi, modificare il nostro stile di vita. In attesa di passare dall’economia del petrolio a quella dell’idrogeno scrive Il Manifesto (www.ilmanifesto.it), con tutte le implicazioni di carattere anche geo-politico che questa transizione epocale comporta, si tratta intanto di sfruttare le fonti rinnovabili che madre natura mette generosamente a nostra disposizione: il sole, il vento, la forza dell’acqua e il calore della terra, come pure i vegetali da cui possiamo ricavare eco-carburanti o perfino i rifiuti che possiamo riciclare e valorizzare. Non è più possibile che un Paese mediterraneo come il nostro installi meno pannelli solari della fredda e grigia Germania o che la ventosa Sardegna ripudi le pale eoliche impiantate nella vicina Spagna.

Gli ambientalisti e settori dell’Europarlamento (soprattutto Verdi e Sinistre) riferisce il quotidiano Corriere Della Sera (www.corriere.it) in data 11 gennaio 2007, hanno criticato l’obiettivo del 20% nella riduzione delle emissioni inquinanti, richiamando gli studi scientifici che considerano il 30% il minimo indispensabile. Ritengono improbabile convincere gli Stati Uniti, il più grande inquinatore del mondo, o Cina e India ad accettare livelli più ambiziosi, se l’Europa si dimostra incapace di fissarli per sé. Anche gli organismi imprenditoriali e settori del centro destra dell’Europarlamento hanno criticato parti del piano, che ora va all’esame degli eurodeputati per poi passare al giudizio finale del vertice dei capi di governo.