Lo sviluppo “insostenibile”. L’allarme clima visto dalla stampa americana.

 

a cura di Alessandro Di Paola

 

 

Cresce di giorno in giorno la preoccupazione dovuta ai cambiamenti climatici che si stanno verificando nel nostro pianeta e che, negli anni a venire, minacciano di arrecare una mole di danni sempre maggiore a livello geografico, economico e sociale. Prendere sottogamba il pericolo che incombe sul globo e continuare a nascondere la testa sotto la sabbia sarebbe un errore grave, che nel giro di pochi anni potrebbe addirittura rivelarsi fatale. Così, sulla scia della road map ambientalista presentata lo scorso 10 gennaio dall’Unione Europea, che prevede una serie di azioni volte a far diminuire del 20% le emissioni di gas nocivi per l’ozono entro il 2020, molte nazioni si stanno muovendo per affrontare questa battaglia la quale, ormai è palese, ha un rilievo internazionale. Fondamentale anche in questo caso sembra l’apporto che gli Stati Uniti possono e devono dare alla causa; come ha riportato il Washington Post “l’Unione Europea ha ripetutamente affermato che gli Stati Uniti – il più grosso inquinatore del mondo – e le altre economie maggiori dovranno partecipare per far si che la battaglia abbia successo” ricordando inoltre che “ gli Stati Uniti hanno rifiutato di firmare il Protocollo di Kyoto, che richiede ai paesi indutrializzati di tagliare le emissioni di gas che producono il surriscaldamento del pianeta in media del 5% al di sotto dei livelli del 1990 entro il 2012”. Insomma, il governo statunitense non può continuare a fare orecchie da mercante. Inoltre, le pressioni interne esercitate dall’opinione pubblica americana diventano sempre più pesanti. Il New York Times, uno dei più autorevoli quotidiani statunitensi, in un articolo dello scorso 10 gennaio relativo ad una relazione presentata al governo dal National Oceanic and Atmospheric Administration ha scritto "un fattore contribuente alle temperature insolitamente calde durante il 2006 inoltre è la tendenza ad un riscaldamento di lunga durata, che è stata collegata agli aumenti di gas-serra". La relazione ha infatti registrato che il 2006 è stato un anno particolarmente caldo, più del 1998, anno il cui clima era stato influenzato dalle correnti di El Niño. Secondo il presidente del Consiglio sulla qualità ambientale della Casa Bianca, tuttavia, “dalla nostra prospettiva, ciò che era nel comunicato stampa era una riflessione diretta di che cosa il presidente e la gente stanno dichiarando da un certo tempo durante la sua gestione”. Anche il Chicago Tribune prende in considerazione quanto dichiarato nella relazione dell’NOAA, riportando che la temperatura del 2006 è stata di “2,2 gradi più alta rispetto alla media e di 0,07 in più rispetto al 1998, il precedente anno da record più caldo”. Un altro quotidiano americano illustre, Usa Today, ha invece dato risalto al discorso pronunciato da uno scienziato che lavora per la NASA, James Hansen, il quale ha espresso a chiare lettere la sua opinione: “La quantità di gas serra nell’atmosfera è ora completamente sotto il controllo degli esseri umani,un’altra era glaciale non può accadere a meno che gli umani non si estinguano”. Insomma, i pareri forniti ai governi dei paesi del mondo non sono dei più rassicuranti, ma oltre che ai governanti, gli appelli per far diminuire l’inquinamento sono rivolti anche a chi lo produce direttamente, vale a dire le industrie. E tra queste vi sono da annoverare le compagnie aeree. L’Unione Europea ha infatti invitato quest’ultime ad impegnarsi affinchè le emissioni dei propri velivoli vengano ridimensionate. A tal proposito è interessante un’intervista pubblicata dal San Diego Union-Tribune rilasciata dal vice ministro all’ambiente britannico il quale ha criticato varie compagnie aeree europee, tra cui l’irlandese Ryanair e la tedesca Lufthansa, e americane per la loro opposizione all’appello lanciato dall’UE affinchè vengano diminuite le quantità di gas emessi dagli aerei da queste utilizzati.