“Iran e Usa, prove di dialogo” la notizia vista dalla stampa americana 

                                                                                                                                                                       di Martina Scalisi

 

“Il primo incontro pubblico bilaterale tra gli Stati Uniti e l’Iran in un quarto di secolo si è tenuto oggi in un clima positivo quasi d’affari”. Così esordisce il quotidiano “Los Angeles Times” del 28 Maggio, ed infatti l’ambasciatore americano in Iraq, Ryan Crocker, e il suo omologo iraniano, Hassan Kazemi Qomi, si sono incontrati nell’ufficio del primo ministro iracheno Nuori Maliki, nella zona fortificata di Bagdad denominata “zona verde”, per dare inizio alle prime conversazioni faccia a faccia riguardanti questioni strettamente legate alla guerra in Iraq. All’incontro non ha assistito il primo ministro iracheno che nell’accompagnare i due funzionari nella sala in cui avrebbe dovuto svolgersi il dialogo, prima di partire ha reso noto ad entrambe le parti che: “E’ desiderio del governo iracheno avere un paese stabile e libero da eserciti stranieri ed ingerenze locali (…) e il paese non dovrebbe servire da piattaforma di lancio per attacchi americani contro gli stati vicini” con chiaro riferimento all’Iran. Questo è quanto riportato dal “Chicago Tribune” dello stesso giorno .

Dal “The Washington Post” leggiamo inoltre che le ultime relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Iran risalgono al periodo della rivoluzione islamica del 1979, quando alcuni rivoluzionari capeggiati dall’ayatollah Khomeini abbatterono il governo iraniano appoggiato da Washington e invasero l’ambasciata americana prendendo in ostaggio 52 funzionari per 444 giorni”.

Alla fine dell’incontro l’ambasciatore  americano ha dichiarato: ”La visione di entrambe le parti è stata unitaria e identica sulla questione della sicurezza, ma poi le parti si sono divise sulle modalità”. Non sono inoltre mancate raccomandazioni da parte dell’inviato americano circa la necessità di porre fine ai finanziamenti iraniani in termini di armamenti e sostegno finanziario alle milizie che combattono contro le truppe irachene e americane in Iraq. Dal canto suo, Kazemi ha ricordato che l’Iran più volte ha negato il suo coinvolgimento nella questione e ha proposto la creazione di un “comitato speciale di sicurezza tripartito” composto da funzionari americani, iraniani e iracheni finalizzato alla risoluzione dei maggiori problemi in Iraq (tratto del “The Washington Post” del 29 Maggio).

Il NYT lo stesso giorno riporta le reazioni manifestate da parte dei gruppi ribelli, qualche ora dopo l’incontro: un esplosione ha colpito la moschea di Abdul-Qadir al-Gailani nel centro di Bagdad provocando parecchie vittime. L’Imam della moschea, Sheik Mahmoud al-Isawi, in un’intervista telefonica, in lacrime ha dichiarato:”Gli attentatori erano nemici dell’Iraq. La moschea è per tutti gli iracheni: sunniti, sciiti, curdi, turkmeni e arabi”. “Chi ha commesso questo atti lo ha fatto solo per fomentare la violenza nel nostro Paese. L’unica soluzione è unirsi tutti insieme contro loro e la loro violenza” sono state le parole di Omar Adbul Sattar, legislatore arabo sannita del “Fronte del consenso Iracheno” al Parlamento.

The Washington Post” del 30 Maggio riporta un articolo che parla dell’arresto di 3 cittadini iraniano-americani accusati di spionaggio. Si tratta di Halen Esfandiari direttrice di un programma del Medio Oriente al Centro Internazionale Woodrow Wilson a Washington, Kian Tajbakhsh scienziato sociale dell’Open Society Institute e Parnaz Azime giornalista. Il “Los Angeles Times” dello stesso giorno riporta la reazione del segretario di Stato americano Condoleezza Rice che, in viaggio per Berlino, ha dichiarato: “Ci sono persone che sono lì per provare a rendere migliore la vita in Iran. Non ci sono persone ingaggiate per spionaggio”. Inoltre ha anche fatto presente che gli arresti sono del tutto scollegati con la detenzione da parte degli americani di 5 uomini che Washington ritiene siano agenti dell’intelligence iraniana in Iraq.

Il 31 Maggio un quarto cittadino iraniano-americano sarebbe stato arrestato: il suo nome è Ali Shakeri, un uomo d’affari della California. Le accuse rivolte a questi cittadini potrebbero portare ad una sentenza di morte secondo la legge iraniana. A pochi giorni da un incontro simbolico, “Teheran accusa Washington di usare intellettuali che si trovano dentro il paese per minare la Repubblica islamica attraverso quella che viene chiamata vellutata rivoluzione” queste le parole usare a conclusione dell’articolo pubblicato dal NYT.