Il caso “AutoAbertis” e la difesa dell’identità nazionale, visti dalla stampa italiana.

A cura di Dario Nicotra

 

 

 

<<Abertis ritiene che la situazione in Italia non sia delle più favorevoli e sta seriamente pensando se proseguire la trattativa per la fusione con Autostrade>>, così l’amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, si è espresso sulla vicenda riguardante la fusione tra la sua società e quella spagnola, come ha riferito  La Stampa” del 5 Dicembre 2006. Castellucci aveva visto bene, la trattativa era al contempo complicata e delicata. Le prospettive erano raggianti, l’operazione avrebbe posto le basi per la costruzione del maggior gruppo autostradale del mondo. I consigli di amministrazione di Abertis e Autostrade avevano approvato il 23 Aprile 2006 la fusione alla pari tra il gruppo spagnolo e quello italiano. Per primo era arrivato il via libera da Barcellona, poi quello di Milano. A riferire della decisione all'uscita dalla sede di Autostrade era stato Gilberto Benetton. Il nuovo gruppo avrebbe mantenuto il nome spagnolo e avrebbe gestito 6.713 chilometri di autostrade diventando il principale operatore del settore in Europa e non solo. La sede doveva essere a Barcellona e il primo amministratore delegato, lo spagnolo, già a.d. di Abertis, Salvador Alemany Mas .

<<L'individuazione della Spagna come sede della holding di gruppo trae origine da una ricognizioni attenta e idonea a creare valore per gli azionisti>>, si leggeva sulla nota di Autostrade, come riportata dal “La Repubblica” del 23 Aprile 2006. La Commissione europea aveva dato il via libera alla proposta fusione tra Autostrade e il gruppo spagnolo Abertis. Secondo la Commissione Ue, come si può leggere sul “Corriere Della Sera” del 22 Settembre 2006, <<la transazione non ostacolerebbe in misura significativa la concorrenza effettiva nello spazio economico europeo o in una parte sostanziale di esso>>. Ma la fusione avrebbe dato di fatto il controllo del gruppo italiano alla società spagnola e per questo venne contrastata da parte del mondo politico italiano. I maggiori oppositori erano il Ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, e il Ministro del Commercio, Padoa-Schioppa. Inoltre era di parere contrario anche l’ANAS, la quale aveva annunciato un’azione legale contro Autostrade per i mancati investimenti.

L’opposizione di Di Pietro e dell’ANAS era tale da spingere un portavoce  di Abertis, come riferiva il quotidiano “L’Avvennire” del 16 Ottobre 2006, ad affermare: << Il “rinvio” dell'operazione è una delle possibilità aperte…Perché con l'attuale incertezza normativa l'affare è sempre più difficile>>. Il nodo del contendere era l'articolo 12 del collegato alla Finanziaria che disciplina la materia delle concessioni autostradali con una convenzione unica, alla quale il governo chiedeva ad Autostrade di aderire se voleva avere il via libera alla fusione ma che per il gruppo infrastrutturale rappresenta un pericolo per gli investimenti futuri. Intanto Autostrade e Schema 28 facevano ricorso al Tar contro lo stop imposto dal governo; un’eventuale sentenza favorevole avrebbe spostato l’ago della bilancia a favore della società. Di Pietro a tal riguardo, come si legge sul quotidiano “La Nazione” del 15 Ottobre 2006, affermava: << Ci mancherebbe altro! Una cosa è certa quest’articolo 12 è un articolo che non cambia le regole del gioco pregresse, ma garantisce maggiori controlli, maggiore trasparenza e maggiore certezza di realizzazione delle infrastrutture>>. Il parere dei ministri e la decisione dell'ANAS, spiega, come riportava il quotidiano “Il Resto Del Carlino” del 18 Ottobre 2006, la nota dell'Antitrust Ue, si basano entrambe sulla “preoccupazione” che il gruppo risultante dalla prevista fusione <<possa non essere in grado di realizzare propriamente gli investimenti richiesti per mantenere e migliorare la rete autostradale e di soddisfare i necessari standard qualitativi e di sicurezza, ma -conclude il comunicato- non può considerare in questa fase che queste misure siano volte a proteggere interessi legittimi compatibili con i principi generali e le altre disposizioni di diritto comunitario>>. Infatti secondo le prime conclusioni dell'Antitrust Ue l'Italia aveva violato, con il suo stop alla proposta fusione Autostrade-Abertis, l'art.21 del regolamento comunitario sulle fusioni, che dà a Bruxelles la competenza esclusiva sulle fusioni di dimensioni comunitarie. Intanto, il Tar del Lazio aveva respinto la richiesta di sospensiva, presentata da 14 concessionarie, della delibera con cui l’ANAS aveva imposto alle società di accantonare nel bilancio 2005 i fondi necessari a fare fronte a investimenti previsti nei piani finanziari e non ancora effettuati. <<Ma non ha vinto nessuno - aveva dichiarato il segretario generale dell’Aiscat, Massimo Schintu, come si legge sul “Giornale” del 18 Ottobre 2006 - Il Tribunale amministrativo non si è pronunciato sulla fondatezza del ricorso, ma si è limitato a escludere la competenza del giudice amministrativo a decidere, aprendo anche la possibilità di rimettere la controversia nelle mani dei tribunali ordinari>>. Il governo  italiano ha poi fatto, in parte, marcia indietro. <<Ci siamo impegnati a formulare a Bruxelles un testo emendativo per superare la contestazione delle autorità comunitarie sul decreto che sterilizza al tetto del 5% il voto nel consiglio d’amministrazione…A mia conoscenza è già partita una lettera per le autorità competenti del Ministro delle Infrastrutture>>, aveva affermato Emma Bonino, ministro del Commercio Estero, come riferito da “Il Giorno” del 16 Ottobre 2006. Infatti si sperava che la procedura d'infrazione fosse stata evitata, dal momento che il governo, avendo già in parte accolto allora i rilievi di Bruxelles,  presentò alla Camera un emendamento al decreto legge fiscale collegato alla Finanziaria per cancellare il tetto del 5% alla presenza dei costruttori nelle società concessionarie autostradali.

L'emendamento, presentato dal Ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, di fatto diede "semaforo verde" alla fusione. A tal proposito J. Todd, portavoce del Commissario alla Concorrenza, Neelie Kroes, come ha riportato il quotidiano “La Nazione” del 18 Ottobre 2006, aveva dichiarato: << Al momento l'unica cosa che c'è, è l'opinione vincolante dei ministri delle Infrastrutture e dell'Economia e la decisione dell'Anas che impediscono alla fusione di andare avanti… Per questo, sarebbe logico che il governo ritiri le opinioni vincolanti e intraprenda dei passi presso l'ANAS affinchè questa ritiri gli ostacoli>>. Le speranze italiane di evitare la procedura di infrazione sono state vane, infatti il commissario europeo al Mercato interno, Charlie McCreevy, proporrà  l'apertura di una procedura di infrazione contro l'Italia sul caso della fusione tra l'italiana Autostrade e la spagnola Abertis. <<È mia intenzione proporre al Collegio dei commissari l'apertura formale di una procedura di infrazione contro l'Italia in un prossimo futuro>>, ha dichiarato, come riferiva “Il Corriere Della Sera” del 7 Novembre 2006, McCreevy, il quale era stato chiamato a valutare se con lo stop del governo alla fusione ci siano state violazioni alle regole comunitarie sulla libera circolazione dei capitali nel mercato interno. Questo nonostante Prodi abbia cercato di rimediare alle ambiguità emerse sui rapporti tra Roma e Madrid. <<Per quanto riguarda le autostrade non abbiamo niente in contrario rispetto agli spagnoli. Abertis è un’impresa di alto livello, ben amministrata. Il problema è strettamente italiano. Autostrade è una società privatizzata negli anni ’90 che opera in un regime di concessione statale e i termini di tale concessione non stati rispettati appieno. In generale, bisogna garantire che i concessionari investano, mantengano e migliorino le strutture come stabilisce il contratto. Mi dispiace per alcune reazioni della stampa spagnola perché sono stato proprio io ad aprire l’Italia alle privatizzazioni e ai capitali stranieri>>, aveva dichiarato il premier italiano in un intervista al giornale spagnolo “El Pais”, come si legge sul “Il Giornale” del 7 Novembre 2006. Il capo del governo aveva risposto alle sfrecciatine mandate da Salvador Alemany, il quale, intervistato da Paolo Stefanato per “Il Giornale”, aveva dichiarato: <<Se (il quartier generale di Abertis) non fosse stato a Barcellona, ma, diciamo, a Helsinki, e il management fosse stato francese invece che spagnolo, non avremmo avuto così tanti problemi>>. La Commissione europea  infatti diede il via libera alla procedura di infrazione contro l'Italia per violazione dei principi della libera circolazione dei capitali e della libertà di stabilimento in riferimento al nuovo regime delle concessioni autostradali. Il caso riguardava, naturalmente, la fusione Autostrade-Abertis e le azioni messe in cantiere dal governo italiano. Quest’ultimo respinse al mittente le accuse della Commissione europea sulla presunta violazione dei principi della libera circolazione dei capitali in riferimento alle concessioni autostradali in merito alla fusione in questione. <<Il governo italiano ha agito finora con saggezza e prudenza senza nessuna restrizione alle regole di mercato ed europee», ha commentato da Algeri, come è stato scritto sul “Corriere Della Sera” del 14 Novembre 2006, il presidente del Consiglio Romano Prodi. «Io obbedisco sempre alle regole, non alle presunte regole>>. A Roma, intanto, il caso Autostrade-Abertis era stato posto sempre più al centro del dibattito politico. <<Il girotondo di Prodi su Abertis pone nuovi interrogativi e crea ulteriore confusione a poche ore dal pronunciamento della Commissione Ue>>, affermava, come riferisce “L’Unita” del 7 Novembre 2006, l’ex viceministro Adolfo Urso (An), il quale aveva sollecitato il governo a <<fare chiarezza, in aula, sugli ostacoli frapposti alla fusione italo-spagnola e su una politica nel campo delle infrastrutture contraddittoria, pasticciona e schizofrenica>>. Intanto Abertis dettava le prime condizioni riguardanti la chiusura positiva della trattativa. La società spagnola fece sapere che non ci sarebbe stato nessun accordo se il Parlamento italiano non avesse cambiato l’art. 12. << Da questo dipenderà la nostra posizione finale…Siamo fiduciosi sul fatto che il Parlamento italiano cambierà la legge e ci permetterà di portare in porto la fusione entro la fine dell'anno. Non è possibile infatti accettare una legge che modifica sostanzialmente le condizioni della fusione che è stata approvata a giugno>>, affermava, come ha riportato “Il Messaggero” del 7 Novembre 2006, José Aljaro, direttore finanziario di Abertis. Le prime settimane di Dicembre furono quelle decisive.

«Penso che il Tar chiarirà alcuni aspetti perché noi abbiamo bisogno di chiarezza così come ne ha il mercato che oggi è molto confuso», disse, come si legge su “Il Tempo” del 5 Dicembre 2006, Castellucci. Restava intanto aperto il confronto con la Commissione Europea, che non aveva visto di buon occhio gli ostacoli posti all'operazione. Mentre lo scontro con il governo, superati i motivi che ad agosto furono alla base dello stop all'operazione deciso dai ministri Di Pietro e Padoa-Schioppa, era focalizzato sulla riforma del sistema delle concessioni autostradali inserita all'articolo 12 del decreto che accompagna la Finanziaria, contestata dall'associazione delle concessionarie autostradali Aiscat, e considerata un ostacolo alla fusione da Autostrade ed Abertis. Il 6 Dicembre arrivo la sentenza del Tar che respingeva il ricorso di Autostrade e Schema 28. La sentenza del Tar, confermando così lo stop deciso dal governo, ha poi reso l'operazione - che doveva divenire operativa dal 31 Dicembre 2006 - ancor più difficile, mentre sfumavano le attese per una modifica in Parlamento dell'articolo 12. Il proseguimento o meno della fusione doveva essere quindi deciso anche in base all'esito che avrebbero avuto i contatti politici di Alemany Mas a Roma. Anche perché il vicepresidente e ministro dell'economia spagnolo Pedro Solbes aveva confermato che non avrebbe mediato dinanzi al governo italiano per salvare la fusione. In questa situazione Autostrade prese tempo, gli spagnoli di Abertis rimasero in apparenza fiduciosi e il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro invitò al dialogo, evitando di definire la decisione con cui il Tar del Lazio aveva respinto il ricorso contro lo stop alla fusione imposto dall'esecutivo “una vittoria del governo”. Tutto era rinviato al 13 Dicembre, quando il Cda di Autostrade si sarebbe riunito per decidere cosa comunicare ai soci. Che il clima fosse teso lo si evinceva anche dalle parole dell'amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, per il quale, come riferiva il quotidiano “L’Avvenire” del 8 Dicembre 2006, <<la fusione con Abertis è oggettivamente a rischio per due motivi: la mancanza di autorizzazione dell'Anas e l'articolo 12 (il riferimento è alla riforma delle concessioni varata dall'esecutivo), che ha fatto saltare tutte le basi contrattuali della nostra concessione e rende incerto il valore>>.

Di Pietro, intanto, confermò la sua volontà di aprire al dialogo con Autostrade. Come si legge sul “Resto del Carlino” del 9 Dicembre 2006, egli disse: <<La decisione del Tribunale non è una vittoria per il governo né la vuole essere…Noi riteniamo che oggi sia possibile una ripresa del dialogo, ma la concertazione deve avvenire secundum legem>>. Restò così il muro contro muro che aveva caratterizzato gli ultimi mesi. La soluzione poteva essere a quel punto quella indicata da Abertis: rinviare tutto, fermare il progetto per, eventualmente, riproporlo quando il quadro fosse stato definito, quando sarebbero caduti rischi e variabili che in quel momento rendevono difficile concludere l'operazione. <<Anche se ancora non è stata presa alcuna decisione, confermava, come riferiva “Il Mattino” del 13 Dicembre 2006, da Madrid il direttore generale di Abertis, Josep Martinez-Vila, <<si potrebbe pensare di fermare la fusione in attesa di un quadro normativo in Italia più preciso e di una risposta di Bruxelles. Poi, una volta chiarito il quadro legislativo italiano si potrebbe studiare se andare avanti o meno con la fusione>>. IL 13 Dicembre  l’autorizzazione dell’ANAS al progetto non  arrivò, complice anche le posizioni critiche del ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro. E senza il via libera dell’ente concessionario delle strade, aveva indicato nei giorni precedenti, come riporta il quotidiano “Il Tempo” del 13 Dicembre 2006, il presidente di Autostrade Gian Maria Gros-Pietro, sarà <<inevitabile rinunciare al progetto>>. Il 13 Dicembre il Cda di Autostrade ha deciso di bloccare la fusione con la spagnola Abertis per impossibilità di procedere.

Di conseguenza, riferì una nota, agli azionisti di Autostrade verrà proposto di non deliberare in assemblea sul dividendo straordinario. I gruppi Autostrade e Abertis ( quest’ultima resterà azionista di Schema 28, la quale controlla Autostrade), come si legge in un articolo del quotidiano “Il Tempo” del 14 Dicembre 2006, <<auspicano che in futuro si possano ricreare le condizioni per riconsiderare il progetto di fusione, e a tal fine, intendono proseguire congiuntamente nell'azione e nel dialogo a livello istituzionale>>. Il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, come riportato da “Il Corriere Della Sera” del 14 Dicembre 2006, commenta così lo stop: <<Il problema non era la fusione - dice il ministro -, era e resta un problema italo-italiano che deve ancora essere risolto. Resta infatti la necessità di una rivisitazione delle concessioni per garantire investimenti, sicurezza ed efficienza>>.