Pena di morte. I sì e i no sulla stampa italiana

         

                                                                                   A cura di Claudia Trovato

 

 

La condanna a morte e l’esecuzione di Saddam Hussein vengono riportati così dal quotidiano La Sicilia del 30 dicembre del 2006: “Saddam Hussein è stato impiccato all'alba, quando a Baghdad erano le 6 del mattino (le 4 in Italia), in esecuzione della sentenza che lo scorso 5 novembre lo ha condannato alla pena capitale per la strage di 148 sciiti compiuta nel 1982 nel villaggio di Dujail. Le ultime parole di Saddam Hussein sul patibolo sono state un monito agli iracheni. "Spero che siate uniti e vi esorto a non credere a un'alleanza con l'Iran, perché gli iraniani sono pericolosi. Io non ho paura di nessuno". Saddam, ha raccontato il giudice Moneer Hadded, ha mantenuto la calma fino all'ultimo in un'accettazione del proprio destino. Il riferimento all'Iran va interpretato come un'ultima bordata di Saddam alla coalizione a maggioranza sciita guidata dal premier Nuri al-Maliki, che molti sunniti accusano di essere strumento dell'Iran. Un altro testimone, il consigliere per la Sicurezza nazionale irachena, Mowaffaq al-Rubaie, ha raccontato alla televisione di Stato che Saddam non ha opposto alcuna resistenza al boia cui è stato consegnato ammanettato. "Un'esecuzione capitale è sempre una notizia tragica, motivo di tristezza anche quando si tratta di una persona che si è resa colpevole di gravi delitti. La posizione della Chiesa cattolica contraria alla pena di morte è stata più volte ribadita. L'uccisione del colpevole non è la via per ricostruire la giustizia e riconciliare la società vi è anzi il rischio che al contrario si alimenti lo spirito di vendetta e si semini nuova violenza". Lo ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa della Santa Sede, a Radio Vaticana, commentando l'esecuzione di Saddam Hussein.”

Le reazioni all’evento dall’Italia vengono cosi riferite da La Repubblica del 30 dicembre del 2006: “L'impiccagione di Saddam Hussein mette d'accordo, in Italia, i leader di maggioranza e opposizione. Sia Prodi che Berlusconi parlano di un errore, umano e politico, che rischia di alimentare ulteriormente la spirale della violenza in Iraq. Secco l'intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano contro la pena di morte: ''Interpretando i sentimenti profondi del popolo Italiano e gli alti valori morali e giuridici della Costituzione italiana, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conferma la contrarietà del nostro Paese a ogni sentenza di morte ed esecuzione capitale'', si legge in una nota del Quirinale diffusa dopo l'esecuzione di Saddam. Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, manifesta preoccupazione per l'aumento della tensione provocato all'esecuzione di Saddam Hussein. "Purtroppo le prime ore vedono delle conseguenze di tensione, di violenza che erano sostanzialmente attese - dice il premier -. Mi auguro che siano le uniche proprio perché ieri non avevo espresso soltanto il disagio e la condanna della pena di morte ma anche la preoccupazione che questa servisse ad aumentare la tensione". "L'impiccagione di Saddam Hussein rappresenta un passo indietro nel difficile percorso dell'Iraq verso una democrazia compiuta", dice Silvio Berlusconi. Il leader della Cdl sottolinea che la condanna a morte è stata "decisa da un tribunale legittimo e dunque non espressione di giustizia sommaria", ma allo stesso tempo evidenzia "il rischio concreto che questo atto estremo alimenti un'altra spirale di vendette, di ritorsioni e di sangue tra sciiti e sunniti in un Paese ancora sull'orlo di una tragica guerra civile". L'ex premier, difende la decisione di inviare le truppe italiane in Iraq, sostenendo che "la civiltà" in nome della quale è stato decisa la "missione di pace contempla il superamento della pena di morte". Secondo Berlusconi "la sospensione della condanna avrebbe inoltre consentito lo svolgimento degli altri processi aperti contro il rais per i suoi efferati crimini contro l'umanità così da fare piena luce su trent'anni di genocidi e di orrori". Per questo, il leader di Fi giudica l'esecuzione un "errore politico e storico". Per il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, "L'esecuzione di Saddam Hussein, un dittatore che ha identificato il proprio percorso politico con la pratica della distruzione e della violenza, in nulla sminuisce il sentimento di orrore e di rifiuto suscitato dalla pena di morte". Anche il segretario dei Ds Piero Fassino evidenzia le "enormi e gravissime" colpe di Saddam Hussein, "ma la pena di morte è sempre un orrore, per chiunque venga applicata". Il leader della Quercia sottolinea che l'esecuzione "può alimentare una spirale di conflitti, vendette e vittime". Una posizione in linea con quella del sindaco di Roma. Walter Veltroni esprime anche il timore che la pena di morte, "può trasformarlo in un martire, esattamente tutto ciò che non è e non deve essere".

Dopo l’esecuzione di altri due fedelissimi di Saddam Hussein giorno 15 gennaio del nuovo anno nuove reazioni ha suscitato l’evento nel panorama politico internazionale nel quotidiano Il Tempo del 16 gennaio si legge “I due coimputati di Saddam Hussein sono stati impiccati prima dell’alba di ieri per crimini contro l’umanità. Prima uno scarno comunicato del governo iracheno poi il racconto con dettagli macabri dell’esecuzione di Barzan al-Tikriti e di Awad al-Bandar, fratellastro di Saddam il primo, giudice del tribunale rivoluzionario il secondo. La notizia dell’esecuzione delle due impicazioni ha riacceso le polemiche. Nuovo, deciso «no» dell’Italia e dell’Unione Europea alla pena di morte. Nel giorno dell’esecuzione di Barzan al-Tikriti e di Awad al-Bandar, il presidente del Consiglio, Romano Prodi e il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, ribadiscono la contrarietà del nostro paese e dell’Europa alle esecuzioni capitali. «Manteniamo la stessa posizione tenuta per Saddam Hussein - ha detto Prodi al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con Barroso - l’Italia è contro la pena di morte. Non spendiamo alcuna altra parola». «Apprezziamo le iniziative italiane all’Onu - ha sottolineato Barroso - e lavoriamo insieme per mettere fine alla pena di morte. Bisogna convincere quei Paesi dove ancora c’è la pena di morte ad accettare una moratoria». Anche il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema è tornato a condannare l’esecuzione dei coimputati nel processo a Saddam Hussein. La morte di al-Bandar e di al-Tikriti, ha detto ad Abu Dhabi il capo della Farnesina, «suscita la stessa reazione causata dall’esecuzione di Saddam Hussein. Noi siamo contrari in linea di principio alla pena di morte e ribadiamo questa posizione - ha aggiunto - siamo dispiaciuti per il fatto che gli appelli venuti da più parti non siano stati accolti e riteniamo che le esecuzioni non aiutino la pacificazione dell’Iraq». È «un esito che ci lascia drammaticamente sconcertati», ha commentato il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Il Guardasigilli ha spiegato che nel vertice dei ministri della Giustizia che si svolgerà oggi a Dresda «ho fatto mettere all’ordine di giorno una linea comune in sede Onu nell’ambito dei Paesi europei in ordine alla moratoria sulla pena di morte». Per Amnesty international quella di ieri è stat «Una brutale violazione del diritto alla vita e un’ulteriore opportunità persa per gli iracheni di veder rispondere del proprio operato i responsabili dei crimini commessi sotto il regime di Saddam Hussein». Anche da Londra parole di condanna . «Siamo contrari alla pena di morte, ma si tratta di una decisione presa da un governo sovrano»: è stato così, riaffermando la propria opposizione alla pena di morte, che il ministero degli Esteri britannico ha reagito all’esecuzione dei due ex gerarchi di Saddam Hussein, Barzan al-Tikriti e Awad al-Bandar.

Il quotidiano Il Corriere della sera del 16 gennaio riporta: “L'Italia e l'Unione europea sono contrarie alla pena di morte. Lo hanno ribadito il primo ministro italiano Romano Prodi e il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso dopo le ultime esecuzioni in Iraq di Barzan Ibrahim al-Tikriti e Awad Ahmed al-Bandar. «La mia posizione è quella espressa in occasione dell'esecuzione di Saddam Hussein. L'Italia è contraria alla pena di morte e non c'è da spendere alcuna altra parola al riguardo», ha detto Prodi. «La Ue è contraria alla pena di morte per una questione di principio: nessun uomo non ha il diritto di togliere la vita a un altro uomo», ha ribadito Barroso, che ha ringraziato l'Italia per le pressioni fatte all'Onu sulla questione e ha espresso l'auspicio che si possa «lavorare insieme per arrivare a una moratoria alla pena di morte». La Casa Bianca ha detto che il governo iracheno «applica» la giustizia nei confronti dei responsabili di «crimini brutali contro l'umanità». Lo ha detto il portavoce Scott Stanzel”.

Dal quotidiano Il Mattino del 16 gennaio leggiamo: “Il primo passo concreto lo farà oggi il Guardasigilli Clemente Mastella. A Dresda, dove sono riuniti i ministri della Giustizia e dell’Interno dei 27 Paesi dell’Unione europea, chiederà di appoggiare la proposta italiana di una moratoria sulla pena di morte. Infatti, soltanto forte di un sostegno unanime, l’iniziativa promossa dal governo Prodi potrà avere qualche chance di essere ascoltata nel Palazzo di Vetro, sede dell’Onu a New York. Ieri, buon viatico per l’impresa italiana, è arrivato il sostegno del presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso, in visita a Roma: «Per una questione di principio l’Unione europea è contraria alla pena di morte. Nessun uomo può togliere la vita a un altro uomo. Apprezziamo e appoggiamo tutte le iniziative italiane all’Onu. Dobbiamo lavorare insieme per arrivare alla moratoria». Accanto a lui il premier Prodi commenta così le due nuove esecuzione in Iraq: «L’Italia è contro la pena di morte. Non voglio spendere altre parole. Sulla questione manteniamo la stessa posizione che abbiamo tenuto nei riguardi dell’impiccagione di Saddam Hussein». Il mondo politico si schiera tutto a sostegno dell’iniziativa italiana e guarda con preoccupazione a quanto accade a Baghdad. «Non si costruisce una democrazia con le impiccagioni», dicono i Verdi, trovando il sostegno anche di partiti dell’opposizione, come l’Udc. Marco Pannella apprezza l’intervento di Barroso, mentre L’Osservatore Romano condanna «il crudele giustizialismo che ancora una volta fa del patibolo il suo strumento». Anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon ha espresso «rammarico» per l'impiccagione, eseguita ieri, dei due coimputati di Saddam Hussein nel processo per il massacro di Dujail. Lo ha riferito la portavoce di Ban, Michelle Montas, sottolineando come il governo di Baghdad non abbia ascoltato gli appelli del Palazzo di Vetro perché venisse risparmiata la vita di Barzan al Tikriti e di Awad Ahmed al Bandar.”