Pena di morte. I sì e i no sulla stampa francese

         

                                                                                   A cura di Tiziana Genovese

 

 

 

 

 

Dopo l’impiccagione di Saddam Hussein avvenuta a Bagdad il 30 dicembre,e la condanna dei suoi complici Bazar al-Tikriti,anziano capo dei servizi segreti,e Awad al-Bandar,ex presidente del tribunale rivoluzionario, si è aperto un dibattito internazionale sulla pena di morte.

Il quotidiano francese Liberation (www.liberation.fr) il 15 dicembre scriveva che la pena di morte non è oggetto di nessuna proibizione internazionale. Certamente l’UE l’ha interdetta per i suoi stati membri e il Consiglio d’Europa esige una moratoria da parte loro,ma l’ONU non l’ha mai messa fuori legge.

Essa resta in vigore in 68 paesi,di cui la China con più di 5.000 esecuzioni annuali,ma anche le democrazie come gli Stati Uniti o il Giappone. È praticamente in vigore in tutti i paesi del vicino Oriente,ad eccezione di Israele,che l’ha abolita, o del Libano che ha applicato una moratoria dei fatti: la decisione di giustiziare l’ex rais e i suoi complici dipende dai soli iracheni,che furono le prime vittime. “Coloro che sono responsabili della violazione seria dei diritti dell’uomo,devono essere oggetto di giustizia,e questo è di una importanza cruciale perché la conciliazione nazionale sia effettiva,ma,per essere credibile e duratura,la lotta contro l’impunità deve essere fondata sul rispetto delle norme internazionali dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto”,ha insistito Louise Arbour ,commissario dell’ONU per i diritti dell’uomo e anziano procuratore del tribunale internazionale per l’ex-Yugoslavia.

Le Monde  (www.lemonde.fr) dedica alle reazioni sulla pena di morte il titolo:”Critica internazionale ,delusione di Condoleezza Rice”. Infatti il Segretario di Stato americano Condoleezza Rice,in visita in Egitto,ha espresso la “delusione” del suo paese dopo l’esecuzione,lunedì 15 gennaio a Bagdad,dei complici di Saddam Hussein, ritenendo che i due uomini dovevano essere impiccati “con più dignità”.

Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban ki-Moon ,ha avuto rimpianto che le esecuzioni hanno avuto luogo nonostante i suoi appelli alla clemenza,lo ha affermato lunedì 15 tramite la sua porta voce Michèle Montas. Louise Arbour ha sostenuto che queste esecuzioni sono equivalenti a una violazione del diritto internazionale e potrebbero rendere difficile “una messa al giorno di altri crimini ugualmente orribili commessi in Iraq”. Londra sottolinea che le esecuzioni non potevano lasciare traccia di “maniere dignitose”. Dal canto suo,il presidente della Commisione Europea, Josè Manuel Barroso,ha portato lunedì,il suo sostegno al progetto italiano della moratoria internazionale sulla pena di morte.

Le dichiarazioni del presidente  vengono riportate dal giornale francese La Tribune (www.latribune.fr): ”Noi consideriamo che un uomo non ha diritto di prendere la vita di un altro uomo. Questa è una questione fondamentale”, ha detto Barroso dopo essersi intrattenuto a Roma con il presidente del Consiglio italiano Romano Prodi. “Io credo nei nostri valori europei e colgo queste occasioni per ringraziare l’Italia per tutte le iniziative che ha annunciato,specialmente,nella cornice delle Nazioni Unite noi possiamo operare insieme per abolire la pena di morte”,ha proseguito il presidente della Commissione europea. Qualche giorno dopo l’esecuzione di Saddam Hussein, infatti, Prodi ha annunciato che condurrà campagne all’ONU allo scopo di pervenire ad una moratoria sulla pena di morte.

Dal quotidiano Les Echos (www.lesechos.fr), infine, si evince che il presidente della Repubblica francese Jaches  Chirac ha preso la sua decisione, rispondendo a un desiderio del presidente del Consiglio Costituzionale, Pierre Mazeaud. Il presidente della Repubblica si era pronunciato per una revisione costituzionale: ”Iscrivo solennemente che nella nostra costituzione la pena di morte sia abolita in tutte le circostanze”. La scelta del presidente è ora caduta su una disposizione che, in seno al titolo VIII della Costituzione consacrata all’Autorità giudiziaria, all’articolo 66-1 affermerà: Nul ne peut être condamné à mort (“Nessuno può essere condannato a morte”).