A cura di Alessandro
Di Paola
Il tema della
pena di morte è senz’altro uno dei più dibattuti dall’opinione pubblica
mondiale, anche se spesso viene posto in secondo o
terzo piano da notizie più clamorose e magari anche più “leggere”. Tuttavia, la
recente decisione presa dal Tribunale del neonato governo iracheno di
giustiziare l’ex rais Saddam Hussein ha rialzato il tiro dell’opinione pubblica
internazionale in merito ad una questione che, in questo caso, è stata vista da
più parti come una vera e propria “morte di stato”. L’uccisione del dittatore
iracheno, avvenuta con un’impiccagione lo scorso 30 dicembre, ha infatti creato un vespaio di polemiche da parte di molti
stati ed enti internazionali. A riguardo, uno dei più autorevoli quotidiani
della Turchia titola in un proprio editoriale “Un
assassino divenuto martire: Saddam Hussein” (Turkish daily news, www.turkishdailynews.com ), ricordando
in proposito come “Saddam fosse divenuto il simbolo della crescente rivolta
sunnita”. Lo spietato dittatore iracheno infatti era
ancora appoggiato da una parte del proprio popolo: anche per questo motivo si
voleva evitare la sua esecuzione capitale, per allontanare la possibilità di
una recrudescenza dei conflitti civili che ormai avvengono quotidianamente nel
territorio.
Ma la ragione
principale per cui in più parti del globo è stata
alzata la voce affinchè l’impiccagione di Hussein fosse evitata, ineriva
piuttosto la mancanza di parzialità da parte del tribunale iracheno cui l’ex
rais è stato consegnato dal governo americano. Tuttavia, leggendo un’opinione
presente nella sezione apposita del Jerusalem Post
( www.jpost.com ), possiamo vedere come
nello stato d’Israele l’atteggiamento degli stati contrari alla comminazione
della pena capitale non sia stato ben accetto. Ecco ciò che è possibile leggere
in merito: “ Il cosiddetto mondo civilizzato si è unito al coro
di condanna. L’Unione Europea e i suoi stati membri hanno espresso il loro
ripudio all’applicazione della pena di morte in tutte le circostanze”,
continuando “E spesso il perdono concesso facilmente al peccatore diminuisce
l’orrore dei suoi crimini”. Al Jazeera ( www.aljazeera.net ) invece pone
l’accento su come gli Stati Uniti hanno reagito al coro di proteste che è stato
mosso anche nei loro confronti, essendo questi uno stato legato a doppio filo
alla questione, sia per aver condotto le operazioni di cattura del condannato
sia perchè tuttora applica nel proprio territorio la pena di morte. L’articolo,
intitolato “ Gli Stati Uniti rigettano la critica alla pena per Saddam”,
contiene al suo interno le dichiarazioni rilasciate in un’intervista dal
Segretario di Stato Condoleeza Rice la quale si è così espressa. “ Ciò non è
una cosa da commentare per gli americani o, francamente, per gli europei,. Credo sia una cosa su cui devono decidere gli iracheni.”
Spostandoci in
Sud Africa, anche qui è giunta l’eco della protesta contro il governo iracheno
e quello statunitense: così un quotidiano nazionale, il Mail & Guardian
(www.mg.co.za ), ha riportato le parole
del portavoce americano Tony Fratto, relativamente alle
critiche mosse a chi ha messo in atto l’impiccagione: “ Ci aspettiamo che gli
ufficiali iracheni conducano i loro affari in modo appropriato. Non credo ci
sia molto altro che possiamo aggiungere”. E sempre
attenzionando il modo in cui il governo USA è stato coinvolto nel vortice delle
polemiche, l’argentino