Il vertice di Annapolis.
Prove di dialogo, nuove speranze in Medio Oriente
La notizia vista dalla stampa
francese
di Maria Azzurra Silvestro
Un’ istantanea: la stretta di mano tra il primo
ministro israeliano Heud Olmert e il presidente dell’ Autorità palestinese Abu
Mazen “sotto lo sguardo” del presidente statunitense George Bush. Così viene
immortalata a fine della conferenza svoltasi ad Annapolis (Maryland) martedì 27
novembre sul tema della pace in Medioriente.
Una foto che ricorda al mondo quella scattata a
Washington nel settembre 1993 quando i protagonisti erano l’ israeliano Rabin,
il palestinese Arafat e l’ ex-presidente statunitense Clinton.
Tuttavia, come evidenzia ripetutamente la stampa
francese mercoledì 28 novembre, diversamente da quello di Washington, questo
vertice non suscita le stesse speranze.
La dichiarazione congiunta firmata ad Annapolis da
Olmert Mahmoud Abbas (Abu Mazen) prevede, come riporta Libération,
“la determinazione a mettere fine agli spargimenti di sangue e ai decenni di
conflitto (tra i due popoli).-Promette- una nuova era di pace, basata sulla
libertà, la sicurezza, la giustizia, la dignità, il rispetto e il
riconoscimento reciproco. -Le due parti si impegnano a- lottare contro il
terrorismo e l’ incitazione al terrorismo, sia che siano perpetuati dai
palestinesi o dagli israeliani.-La dichiarazione riafferma il concetto- di uno
stato palestinese accanto a quello israeliano in pace e sicurezza, in vista di
concludere un trattato di pace risolvendo tutte le questioni (…)”.
Nella dichiarazione, inoltre, vengono specificate le
modalità con cui procedere nelle trattative di pace , coadiuvate dalla
diplomazia internazionale, in primo luogo degli USA. Infatti, scrive Le
Parisien :”Un comitato guida, diretto dal Ministro degli Esteri
israeliano Tzipi Livni e il capo dei negoziatori palestinesi Ahmad Qorei, si
riunirà per la prima volta il 12 dicembre. Scottata da una serie di fallimenti,
la comunità internazionale vuole scortare da vicino il processo. Gli americani
sono designati per arbitrare l’ avanzamento dei negoziati. Due conferenze
internazionali di seguito si svolgeranno a Parigi il 17 dicembre e a Mosca all’
inizio del 2008”.Libération aggiunge: “Abbas e il primo ministro
israeliano, che si sono incontrati frequentemente nel corso degli ultimi
mesi,continueranno ad incontrarsi due volta a settimana al fine di seguire lo
sviluppo dei negoziati. La Road map, un accordo elaborato nel 2003 che
implica parallelamente degli impegni palestinesi in materia di sicurezza e la
fine della colonizzazione israeliana, serve come base per il lavoro delle due
parti”.
La determinazione di Olmert e Abbas di pervenire ad
una pace entro il 2008, ma nello stesso tempo le loro distanze, sono illustrate
da Le Monde. Il quotidiano riporta sia le parole del capo dell’
Autorità palestinese, “dobbiamo sostenere i negoziati con misure dirette e
concrete sul territorio, dimostrando che ci impegniamo in un cammino
irreversibile verso la pace”, che quelle del primo ministro israeliano ,”non ho
alcun dubbio che la realtà creata nel 1967 va cambiata in modo
considerevole.-Il primo ministro israeliano ha annunciato che è- pronto a fare
dei compromessi dolorosi, seminati di pericoli al fine di realizzare le sue
aspirazioni alla pace”.
Come sottolinea ancora Le Monde,
entrambi i capi politici devono dimostrare un reale impegno perché “Olmert ha
ripetuto a più riprese che la guerra contro il terrorismo nella quale l’
Autorità palestinese deve impegnarsi si applica ugualmente al gruppo di Gaza
(Hamas).Ciò significa che Abbas deve riprendere il controllo o, almeno, fare
fermare i razzi contro Israele” e “dal loro lato, gli israeliani devono dare
prova di determinazione smantellando le colonie ancora presenti, alleggerendo i
controlli in Cisgiordania e mettendo fine alle incursioni omicide”.
Il cammino verso la pace sarà dunque difficile e
delicato. Le Monde scrive:”Se i due campi sono lasciati soli, le
possibilità sono insignificanti come testimonia la loro incapacità durante
queste settimane a pervenire ad un testo comune. Tutto dipenderà dalle
pressioni che Washington saprà esercitare“.
Riguardo la posizione degli USA, i quotidiani francesi
mettono in evidenza come l’ impegno americano sia strettamente legato alla
lotta condotta contro il terrorismo islamico dal presidente Bush “senza grande
successo”.
Le Figaro riporta le parole del presidente statunitense,
scrivendo: “-crede a questa conferenza ed è ben deciso a farne il suo successo
nella politica in Medioriente.-Alla luce dei recenti sviluppi ,alcuni
suggeriscono che non è un buon momento per cercare di raggiungere la pace. Io
non sono d’ accordo”.
Ancora più critici sono i quotidiani La Tribune e
L’Humanité.
Il primo sottolinea lo scetticismo della stampa dei
paesi islamici scrivendo che “scettici riguardo alle possibilità di pace tra
palestinesi ed israeliani nel 2008, numerosi osservatori arabi vedono in
Annapolis solo un tentativo di Bush di nascondere i suoi fallimenti in Irak e
in Afghanistan e di suscitare un fronte arabo contro l’ Iran” e riportando il
commento significativo di un quotidiano iraniano che “ritiene che i paesi arabi
presenti ad Annapolis hanno giocato il ruolo di attori di una pièce
teatrale messa in scena agli Stati Uniti”.
L’Humanité utilizza toni ironici riferendosi
alla condotta di Bush, domandandosi “cosa cerca quest’ ultimo, che ha inviato
circa una dozzina di volte in pochi mesi il suo segretario di Stato, Condoleeza
Rice, in Medioriente? Perché la conferenza di pace è stata organizzata ora,
visto che da sette anni il processo di pace non era semplicemente ad un punto
morto ma era sparito dall’ agenda internazionale senza che ciò sembrasse
preoccupare l’ amministrazione americana? ”. Inoltre ritiene poco parziale la
posizione americana, scrivendo: “L’ allineamento degli USA nei confronti della
politica israeliana e fonte di preoccupazione e di dubbio sul senso e la
portata della conferenza di Annapolis”.
Conclude L’Humanité : “Un fallimento
della conferenza sarebbe drammatico. Ma un accordo su altre basi che non siano
il diritto internazionale, le risoluzioni dell’ ONU e l’ interruzione di
qualsiasi forma di colonizzazione, accordo che creerebbe false illusioni,
sarebbe ancora più drammatico”.