Tratto dall'articolo apparso sul quotidiano  "La Sicilia" di venerdì 10 febbraio 2006
 

  Uno studioso che indagava i segni dei tempi

L'amicizia e lo scambio intellettuale con Vittorio Frosini riportano, nel lontano ricordo, agli inizi (1944-45) del mio curricolo universitario: con Rosario Romeo e Cinzio Violante alle lezioni catanesi di Nino Valeri era allora Vittorio, che ci era compagno frequente nella sala di lettura dell'Universitaria e faceva gruppo cogli altri sull'ingresso all'aula del Palazzo centrale. Allievo di Capograssi, Frosini «assisteva» Orazio Condorelli che a Legge insegnava Dottrina dello Stato e Filosofia del Diritto. Ritroverò Vittorio al mio ritorno a Catania nel novembre '57, docenti incaricati entrambi - io a Lettere, egli a Scienze Politiche: entro un circolo stretto di amicizia e di stima che la sua nuova famiglia portò a pratica di rapporti fraterni. E fu come allievo di Frosini che conoscerò negli anni '60 Enzo Sciacca.[...]
Non ho mai rifiutato un suo invito a prender parte a simposi intellettuali da Enzo apprestati; ed ho potuto contare sulla fedeltà e puntualità dell'amico tutte le volte che lo chiamavo a far parte di incontri storiografici. E con i suoi allievi le intese culturali saranno altrettanto salde.
Per la storia del pensiero politico siciliano tra Sette e Ottocento, il contributo di Enzo Sciacca è stato decisivo: il «Risorgimento in Sicilia» (1950) di Romeo aveva imposto una letteratura radicalmente innovatrice di quei decenni, e il confronto anche se limitato a singoli tratti di quel grande disegno, richiedeva coraggio e comportava rischi - tanto maggiori per Enzo, in quanto Frosini condivideva di quel disegno l'ispirazione liberal-moderata e l'indirizzo. Sciacca (ri)scopre attraverso le carte e la biografia di Emmanuele Rossi il robusto filone democratico, e ne ricostruisce (1966) il disegno e la rete con sobrio equilibrio fra i fatti e le idee; e anticipa in questo modo (dello stesso '66 è «Riflessi del costituzionalismo europeo in Sicilia (1812-1815») indagini successive mie e dei miei allievi (S. Leone, Nicotra, M. Rizzo, P. Travagliante) che avrebbero articolato (e superato) la tradizionale opposizione tra Sicilia orientale ad egemonia democratica e Sicilia occidentale ad egemonia moderata. A metà anni '70 quando suoi allievi e allieve, in monografie o saggi miscellanei o atti di convegni (ricordo per tutti quello calatino del 1984 su G. Arcoleo), mettevano ordine in un quadro siciliano affollato, Enzo era attratto dalle «radici teoriche» dell'assolutismo (soprattutto in Francia) e della democrazia - indagini e riflessioni che tutte s'annodano attorno al tema della sovranità (Jouvenel) aprendo varchi incerti allora verso la modernità. Per cui alla «Interpretazione della democrazia» del 1988 seguirà (2000) «La genesi della modernità». [...]
Nondimeno fu soprattutto storico politico o - se preferite - della Politica, non (come oggi suole) del linguaggio politico bensì del potere nei modi in cui, costruendolo, lo si giustificava. Socialista, ha contribuito a porre la democrazia al posto del capitalismo tra i segni della modernità, sottolineando le distanze dalle tradizioni di studio e dalla maggiore filosofia politica della Germania contemporanea. Gli interventi non radi su «La Sicilia» mostravano altresì sotto l'intreccio dell'argomento positivo dubbi e timori sulla tenuta della sua democrazia nell'Italia di questo tempo: ragionava, cercava i segni dei tempi, non amava esser profeta del futuro - quando contestava a me (e al mio maestro Mazzarino) l'inclinazione a sovrapporre giudizio storico e profezia del passato. [...]
 

GIUSEPPE GIARRIZZO