|
Uno studioso che indagava i
segni dei tempi
L'amicizia e lo scambio intellettuale con
Vittorio Frosini riportano, nel lontano ricordo, agli inizi (1944-45) del
mio curricolo universitario: con Rosario Romeo e Cinzio Violante alle
lezioni catanesi di Nino Valeri era allora Vittorio, che ci era compagno
frequente nella sala di lettura dell'Universitaria e faceva gruppo cogli
altri sull'ingresso all'aula del Palazzo centrale. Allievo di Capograssi,
Frosini «assisteva» Orazio Condorelli che a Legge insegnava Dottrina dello
Stato e Filosofia del Diritto. Ritroverò Vittorio al mio ritorno a Catania
nel novembre '57, docenti incaricati entrambi - io a Lettere, egli a Scienze
Politiche: entro un circolo stretto di amicizia e di stima che la sua nuova
famiglia portò a pratica di rapporti fraterni. E fu come allievo di Frosini
che conoscerò negli anni '60 Enzo Sciacca.[...]
Non ho mai rifiutato un suo invito a
prender parte a simposi intellettuali da Enzo apprestati; ed ho potuto
contare sulla fedeltà e puntualità dell'amico tutte le volte che lo chiamavo
a far parte di incontri storiografici. E con i suoi allievi le intese
culturali saranno altrettanto salde.
Per la storia del pensiero politico siciliano tra Sette e Ottocento, il
contributo di Enzo Sciacca è stato decisivo: il «Risorgimento in Sicilia»
(1950) di Romeo aveva imposto una letteratura radicalmente innovatrice di
quei decenni, e il confronto anche se limitato a singoli tratti di quel
grande disegno, richiedeva coraggio e comportava rischi - tanto maggiori per
Enzo, in quanto Frosini condivideva di quel disegno l'ispirazione
liberal-moderata e l'indirizzo. Sciacca (ri)scopre attraverso le carte e la
biografia di Emmanuele Rossi il robusto filone democratico, e ne
ricostruisce (1966) il disegno e la rete con sobrio equilibrio fra i fatti e
le idee; e anticipa in questo modo (dello stesso '66 è «Riflessi del
costituzionalismo europeo in Sicilia (1812-1815») indagini successive mie e
dei miei allievi (S. Leone, Nicotra, M. Rizzo, P. Travagliante) che
avrebbero articolato (e superato) la tradizionale opposizione tra Sicilia
orientale ad egemonia democratica e Sicilia occidentale ad egemonia
moderata. A metà anni '70 quando suoi allievi e allieve, in monografie o
saggi miscellanei o atti di convegni (ricordo per tutti quello calatino del
1984 su G. Arcoleo), mettevano ordine in un quadro siciliano affollato, Enzo
era attratto dalle «radici teoriche» dell'assolutismo (soprattutto in
Francia) e della democrazia - indagini e riflessioni che tutte s'annodano
attorno al tema della sovranità (Jouvenel) aprendo varchi incerti allora
verso la modernità. Per cui alla «Interpretazione della democrazia» del 1988
seguirà (2000) «La genesi della modernità». [...]
Nondimeno fu soprattutto storico politico o - se preferite - della Politica,
non (come oggi suole) del linguaggio politico bensì del potere nei modi in
cui, costruendolo, lo si giustificava. Socialista, ha contribuito a porre la
democrazia al posto del capitalismo tra i segni della modernità,
sottolineando le distanze dalle tradizioni di studio e dalla maggiore
filosofia politica della Germania contemporanea. Gli interventi non radi su
«La Sicilia» mostravano altresì sotto l'intreccio dell'argomento positivo
dubbi e timori sulla tenuta della sua democrazia nell'Italia di questo
tempo: ragionava, cercava i segni dei tempi, non amava esser profeta del
futuro - quando contestava a me (e al mio maestro Mazzarino) l'inclinazione
a sovrapporre giudizio storico e profezia del passato. [...]
GIUSEPPE GIARRIZZO
|
|