Tratto dall'articolo apparso sul quotidiano  "La Sicilia" di giovedì 2 marzo 2006
 

 

  ENZO SCIACCA E IL PRIMATO DELLA SICILIA NELLA CULTURA POLITICA  
     
 

       Dalla politologia di Mosca alla sociologia di Sturzo; dal diritto pubblico di Orlando alla teoria dell’istituzione di Santi Romano. Per più di un secolo intensissimamente siciliana, o comunque soprattutto siciliana, è stata in Italia la cultura della politica. Enzo Sciacca ne era consapevole. Di qui, in questi anni, il suo attaccamento orgoglioso (mai vanitoso), aperto all’Europa, lontano da qualsiasi localismo, ad una tradizione di studi e di pensiero niente affatto «gregaria» o «subordinata» rispetto alla Torino di Bobbio o alla Firenze di Sartori. All’università di Catania o all’Accademia di Acireale, grazie a lui, ai suoi scritti, ai suoi argomenti, ai suoi convegni (dove Londra e Parigi pareva si trasferissero a Catania e a Acireale), il primato della Sicilia nella storia delle istituzioni costituzionali e rappresentative lo si è respirato davvero. Ed ecco il vuoto che la notizia della sua scomparsa un mese fa ha scavato attorno a tanti suoi colleghi.

    Sicilia e Gran Bretagna, costituzionalismo scritto e costituzionalismo consuetudinario erano stati il suo primo filone di ricerca, quando l’anglofilia del suo in fondo unico maestro, Vittorio Frosini, gli aveva fatto scoprire come il parlamento siciliano fosse stato il primo a sorgere in Europa, precedendo persino il parlamento inglese di Simone di Monfort. Lungo questo itinerario, all’allora giovanissimo Sciacca era accaduto di incontrare. di ammirare, di approfondire la costituzione del 1812: la prima e la sola costituzione europea ad essere scritta trascrivendo la non scritta costituzione d’Inghilterra.

    Poi su Enzo, diventato pur egli un maestro, studioso originale, preside di facoltà stimatissimo, si erano fatti sentire nuovi interessi e nuovi temi. Sempre, però, innestati sul tronco dei precedenti: senza strappi, senza separazioni, come si addiceva ad un intellettuale naturaliter storicista, quale egli era e voleva restare anche nel ricostruire e nel riaccendere le passioni della stagione illuminista. Gli era toccato risalire al pensiero politico francese ed italiano del XVI secolo. Lo affascinava la genesi e il farsi strada dell’idea di sovranità nell’ambito della concettualizzazione dello stato nazionale. Proprio per ritrovare e per rifare lo stesso cammino dell’idea di sovranità e del radicarsi degli stati nazionali in Europa, la scelta della storia delle dottrine e delle istituzioni politiche (la disciplina di Mosca) era andata nei suoi lavori guadagnando terreno a scapito dell’originaria (mai sopita) attenzione alla filosofia della politica. Forte di quanto aveva appreso studiando il costituzionalismo, volle inoltrarsi nell’indagine sulle prime significative dottrine dell’assolutismo e della «monarchie réglée», da Seyssel a Bodin.

      Prima o poi ad un proprio manuale, o comunque ad un volume che potesse esser utile anche come manuale, Enzo si sarebbe dedicato. Ne venne fuori Il problema storico del pensiero politico moderno (Arnaldo Lombardi Editore, novembre 2000), forse il suo libro più sofferto, ma anche il più importante. Alla grande sintesi Enzo aveva a lungo preferito le piccole monografie di analisi minuta di un singolo aspetto o di un singolo autore. Ma proprio in questo genere di esperienze aveva coltivato una straordinaria capacità di collegamenti e di connessione fra le diverse interpretazioni delle diverse concezioni politiche, che lo rendeva predestinato a un’opera di carattere generale, capace di motivare gli studenti più bravi senza scoraggiare quelli meno bravi. Delle metodologie e degli approcci della moderna scienza politica gli piaceva ritrovare radici nelle fonti del pensiero politico della storiografia antica. Dopo il suo ultimo volume (Principati e Repubbliche. Machiavelli, le forme di governo e il pensiero francese del Cinquecento. Centro editoriale Toscano, novembre 2005) gli avevo telefonato per complimentarmi e per auspicarne un altro nuovo su «Montesquieu: la rifondazione della scienza politica», che in qualche modo segnasse un suo ritorno al costituzionalismo. «Ci avevo già pensato – mi disse – anche perché così si intitola un capitolo del mio manuale. Ma almeno a Natale, non pensiamo alle nostre cose, facciamo i nonni! ».

    Sarebbe stata l’ultima volta che lo sentivo. In quella conversazione c’era un’ennesima lezione di misura, di eleganza, di amicizia.

    Addio Enzo, grazie di tutto. Fra Catania e Acireale, fra Torino e Firenze, fra Londra e Parigi, della Tua intelligenza e del Tuo stile non manca qualche traccia: siciliana e proprio per questo straordinariamente europea.

LUIGI COMPAGNA